Definizione del termine "aforisma"
Il termine "aforisma" (o aforismo) deriva dal greco aphorismós, propriamente: "definizione", da aphorízein cioè "definire, delimitare, confinare", composto da apó che indica derivazione (da) e horízein "limitare" (stessa radice di "orizzonte"), e può essere definito come l'espressione in prosa di una profonda riflessione o di una rapida intuizione in maniera arguta e concisa. Qui di seguito due definizioni di "aforisma" tratte da autorevoli dizionari della lingua italiana:
"Aforisma: breve massima che esprime una norma di vita o una sentenza filosofica in forma icastica, lapidaria, talora anche paradossale".
Vocabolario della lingua italiana Zingarelli, Zanichelli, 2008
"Aforisma: proposizione che riassume in brevi e sentenziose parole il risultato di precedenti osservazioni o che, più genericamente, afferma una verità, una regola o una massima di vita pratica: gli a. della scuola medica salernitana; gli a. di R . Montecuccoli sull'arte della guerra; parlare per aforismi. Originariamente, Aforismi era il titolo di un'opera che raccoglieva i precetti medici di Ippocrate, sicché il termine indicò nel medioevo lo studio e la pratica della medicina (cfr. Dante, Par. XI, 4: “Chi dietro a iura e chi ad aforismi [o, secondo altra lezione, amforismi] Sen giva ...”)".
Lingua e Linguaggi on-line, Treccani
Evoluzione del termine "aforisma"
Prime testimonianze del termine "aforisma" in italiano si hanno nella forma al plurale (Aphorismi e amforismi) con Dante Alighieri, con riferimento al titolo dell'opera di Ippocrate, rispettivamente, nel Convivio (1304/1307), Trattato I, Cap. VIII:
"Dare cose non utili al prenditore pure è bene, in quanto colui che dà mostra almeno sé essere amico; ma non è perfetto bene, e così non è pronto: come quando uno cavaliere donasse ad uno medico uno scudo, e quando uno medico donasse a uno cavaliere scritti li Aphorismi d'Ipocràs". (Convivio).
e nella Divina Commedia (1304/21), Paradiso, Canto XI:
O insensata cura de' mortali,
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l'ali!
Chi dietro a iura e chi ad amforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi, [...]
Prime attestazioni del termine al singolare si hanno invece nel Vocabolista (1464/65) di Luigi Pulci con "anforismo". La forma in "ismo" (aforismo) è stata l'unica usata fino alla seconda metà dell'Ottocento, epoca in cui compaiono le prime attestazioni del termine in "isma" (aforisma), a cominciare dal racconto Gigia (1879) di Alfredo Oriani:
"L' aforisma della sapienza greca non è stato ancora smentito".
Entrambe le forme, aforismo e aforisma, sono coesistite fino alla prima metà del Novecento, finché quest'ultima non ha cominciato a prevalere sulla prima, specie dopo la sua comparsa in un passo del romanzo Trionfo della Morte (1894) di Gabriele D'Annunzio, con riferimento a Nietzsche:
"L'idea della evoluzione, dello scorrere perpetuo di tutte le cose, dell'infinita mutabilità cosmica – l'idea stessa della filosofia moderna – splende nel suo aforisma figurato".
Oggi il termine "aforismo" è usato sempre più di rado, e seppure resiste ancora, specie tra i critici letterari, probabilmente in futuro sarà completamente soppiantato – come peraltro è già successo per altre voci di origine greca in "ismo" – dal termine assai più comune "aforisma".
fonte: wikipedia.com